LA CORTE DI APPELLO DI CATANZARO 
                          2^ Sezione Civile 
 
    Riunita in camera di consiglio, con l'intervento dei magistrati: 
        dott. Rita Majore, Presidente; 
        dott. Francesca Romano, consigliere-relatore; 
        dott. Chiara Ermini, Consigliere, 
    ha pronunciato la seguente ordinanza  nella  causa  d'appello  n.
1196/2015 del RGAC. 
    La Corte d'appello,  letti  gli  atti  ed  a  scioglimento  della
riserva assunta all'udienza del 27 aprile 2016; 
    Rilevato che: 
    1. Quanto alla regolarita' della notifica. 
    a. Alla societa': il ricorso  per  dichiarazione  di  fallimento,
atteso l'esito negativo della notifica via PEC, e' stato  effettuato,
dopo l'ordine di rinnovazione  disposto  dal  Tribunale  in  data  21
maggio 2015, a mani presso la sede della societa', via Aldo Capitini,
23, con esito di «omessa notifica perche'  sconosciuto  al  domicilio
indicato» (relata del 13 giugno 2015); il 15 giugno successivo l'atto
e' stato depositato presso il Comune di Crotone, ai  sensi  dell'art.
15 della l.f. 
    b. Ai soci illimitatamente responsabili, Pacenza Francesco  e  De
Agazio Claudio: quanto a De Agazio  Claudio,  una  prima  notifica  a
mani, effettuata il 13 giugno 2015 in via 1^  traversa  via  Vittorio
Veneto, 7, registra l'omessa notifica perche' trasferito; una seconda
notifica, sempre a mani, del 18 giugno 2015 effettuata in via  F.  Le
Rose, 2, registra «omessa notifica perche'  trovato  chiuso»;  il  22
giugno 2015 viene effettuata notifica  ex  art.  140  del  codice  di
procedura civile, per temporanea  assenza  o  mancanza  dei  soggetti
abilitati, con affissione alla porta e deposito del plico  presso  la
casa comunale, nonche' con invio,  in  data  22  giugno,  della  rar,
immesso avviso in cassetta  e  restituzione  per  compiuta  giacenza.
L'iter della notificazione e' dunque regolare, quanto  alla  consegna
dell'atto al suo destinatario. 
    A Pacenza Francesco una prima notifica  a  mani,  del  13  giugno
2015, effettuata in viale Cutro (residenza  risultante  dal  registro
delle imprese), risulta «omessa  ...  per  insufficiente  indirizzo»;
altra notifica a mani, del 18 giugno, in via  Aldo  Capitini  n.  23,
sede della societa', risulta «omessa ... perche' trovato chiuso»; una
terza, a mani, del 22 giugno 2015, sempre in Via Aldo  Capitini,  23,
risulta effettuata ex art. 140 con affissione alla porta  e  deposito
presso la casa comunale, e  invio  della  rar,  senza  immissione  in
cassetta  ed  attestazione  di  irreperibilita';   sulla   busta   di
restituzione dell'avviso v'e' scritto «trasferito». Non e' contestato
che il Pacenza abbia la residenza in via  Aldo  Capitini  n.  23;  lo
stesso afferma che non puo' ricadere e suo danno il fatto di non aver
indicato il suo nuovo indirizzo (che  sarebbe  tale  addirittura  dal
2013), ma cio' non e' argomento atto a rendere errata la  indicazione
del luogo, soprattutto alla luce del fatto che precedenti  atti  sono
stati recapitati a quell'indirizzo, coincidente con quello risultante
all'anagrafe. Per cui la notifica ex art. 140 del codice di procedura
civile in quella sede sarebbe buona (e la renderebbe buona anche  per
la societa')  se  non  ci  fosse  quel  «trasferito»  annotato  sulla
restituzione dell'avviso, che attesta che  quel  luogo  non  ha  piu'
collegamenti con la persona del notificato  e  comporta  la  nullita'
della notifica. 
    2. Sulla regolarita' della notifica alla  societa'.  La  nullita'
della detta notifica in confronto di Pacenza Francesco non  riverbera
effetti  solo  in  relazione  al  fallimento  di  esso   come   socio
illimitatamente responsabile, ma, secondo quanto ritenuto  da  questa
corte, incide anche sulla notifica alla societa'. Poiche' il  Pacenza
e' il rappresentante della societa', la notifica ad questi,  in  tale
qualita',  ma  presso  la  sua  residenza,  avrebbe  reso  valida  la
costituzione del contraddittorio anche in confronto  della  societa',
cui la notifica e' stata effettuata a termini dell'art. 15  l.f.;  in
relazione a tale norma questa Corte ha gia'  sollevato  questione  di
legittimita' costituzionale. 
    3. Il procedimento nella specie seguito risulta difatti del tutto
conforme a  quello  previsto  dal  comma  3  dell'art.  15  del  R.D.
267/1942, a tenore del quale «il ricorso ed il decreto devono  essere
notificati  a  cura  della   cancelleria   all'indirizzo   di   posta
elettronica certificata del debitore risultante  dal  registro  delle
imprese  e  dei  professionisti.  L'esito   della   comunicazione   e
trasmesso,  con  modalita'   automatica,   all'indirizzo   di   posta
elettronica  certificata  del  ricorrente.  Quando,   per   qualsiasi
ragione, la notificazione  non  risulta  possibile  o  non  ha  esito
positivo, la notifica, a cura  del  ricorrente,  del  ricorso  e  del
decreto si esegue esclusivamente di persona a  norma  dell'art.  107,
primo comma del decreto del Presidente della Repubblica  15  dicembre
1959, n. 1229, presso la sede risultante dal registro delle  imprese.
Quando  la  notificazione  non  puo'  essere  compiuta   con   queste
modalita', si esegue con il deposito dell'atto  nella  casa  comunale
della sede che risulta iscritta  nel  registro  delle  imprese  e  si
perfeziona nel momento del deposito stesso. L'udienza e' fissata  non
oltre quarantacinque giorni dal deposito del ricorso e  tra  la  data
della  comunicazione  o  notificazione  e  quella  dell'udienza  deve
intercorrere un termine non inferiore a quindici giorni». Il testo e'
quello innovato dal decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito
con modifiche nella legge 17 dicembre 2012, n. 221,  applicabile  dal
l° gennaio 2013 e quindi al caso in disamina. 
    L'iter  prevede  delle  modalita'  in  ordine   sequenziale,   da
applicarsi secondo la progressione imposta  dalla  norma;  in  primis
deve effettuarsi, a cura della cancelleria, la notifica a mezzo  PEC,
fallita la quale e' la parte a dover provvedere,  solo  «di  persona»
presso la sede risultante dal registro delle imprese; ove anche  tale
modalita' fallisca, la notifica «si esegue con il deposito  dell'atto
nella casa comunale della sede  che  risulta  iscritta  nel  registro
delle imprese e si perfeziona nel momento del deposito stesso». 
    Ha ritenuto e ritiene il collegio che tale disposizione si  ponga
in contrasto con gli articoli  3  e  24  della  Costituzione:  quanto
all'art. 3 perche' essa costituisce  un'irragionevole  ed  immotivata
disparita' di trattamento rispetto alle modalita' richieste dall'art.
145 del codice di procedura civile, per la notifica alle societa' non
aventi personalita' giuridica, in  specie  per  il  caso  di  mancato
reperimento nel  luogo  indicato  dalla  legge;  quanto  all'art.  24
perche', nel prevedere  modalita'  di  notifica  che  non  comportano
neanche  astrattamente  la  conoscibilita'   della   pendenza   della
procedura, ledono il diritto di difesa del soggetto che ne e' parte. 
    Mette conto di ricordare che  la  modalita'  di  notifica  teste'
indicata si rivolge sia alle imprese esercitate in forma  individuale
che  a  quelle  esercitate  in  forma   societaria;   essa   registra
significative  deviazioni  con  riguardo   all'ipotesi   di   mancato
reperimento del notificato, posto che, com'e' ovvio, nessuna  censura
puo' porsi al procedimento in esame ove esso risulti perfezionato con
le modalita' previste dalla norma nel suo ordine preferenziale, ossia
con l'utile invio presso l'indirizzo di posta certificata  o  con  la
notifica effettuata solo di  persona  dall'ufficiale  giudiziario  (e
dunque non per posta e, a seconda dei casi, col sistema previsto  per
le persone fisiche e/o per le persone giuridiche). 
    Deve segnalarsi che l'inciso contenuto nella norma -  secondo  il
quale deve passarsi alla notifica tradizionale quando la  notifica  a
mezzo pec «non risulta  possibile  o  non  ha  esito  positivo»  «per
qualsiasi ragione» - sembra rimandare al solo  dato  oggettivo  della
mancata ricezione, senza indagare se cio' possa essere addebitabile a
fatto del mittente o a fatto del destinatario. Sotto tale profilo, la
norma non sembra investire addebiti di sorta nella mancata  notifica,
limitandosi a registrare il dato della sua  omissione;  diversamente,
ad  esempio  nell'ipotesi  che  la  mancanza  sia   addebitabile   al
notificato, si sarebbe  dovuto  escludere  il  passaggio  alle  forme
successive, invece previste quando, «per qualsiasi ragione», si debba
ritenere  di  trovarsi  di  fronte  ad  una  notifica  omessa.   Cio'
d'altronde risponde alla previsione di cui all'art.  16  del  decreto
ministeriale  n.  44/2011  (emanato   in   attuazione   del   decreto
legislativo  n.  82/2005  e  della  legge  n.  24/2010),  nel   testo
modificato dal decreto ministeriale n. 209/2012, secondo il quale «la
comunicazione per via telematica si intende perfezionata nel  momento
in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna da  parte  del
gestore di posta elettronica certificata del destinatario  e  produce
gli  effetti  di   cui   agli   articoli   45   e   48   del   codice
dell'amministrazione digitale». In tal senso la disposizione  risulta
interpretata sia da giurisprudenza di merito (e sul punto  Cassazione
Sez. lav. 2 luglio 2014, n. 15070 e 20 maggio 2013, n. 12205, nonche'
Corte  d'appello  Bologna  30  maggio  2014),  tutte  comprovanti  la
sufficienza, sia pure con diverse modalita' in relazione  ai  diversi
regimi temporali, ai  fini  del  verificarsi  della  notifica,  della
formazione della ricevuta di  consegna  all'indirizzo,  restando  del
tutto indifferente l'effettiva lettura di quanto trasmesso. 
    Nell'assetto attuale dunque, e vieppiu' in  forza  di  quanto  la
stessa norma suggerisce con quella dizione «a chiusura», ogni ragione
che determini il mancato perfezionamento della notifica  equivale  ad
omessa notifica ed esige il passaggio alla forma  successiva,  quella
della notifica a mezzo dell'ufficiale giudiziario «di persona». 
    Il richiamo alla notifica «di persona»  di  cui  al  decreto  del
Presidente  della  Repubblica  n.  1229/1959  pone  subito  un  primo
problema di compatibilita' tra la nuova disciplina e la  disposizione
di cui all'art. 140 del codice di procedura civile, nel caso  in  cui
si parli di impresa individuale, ossia di  notifica  ad  una  persona
fisica, sia pure, de iure, solo nella sede della impresa  che  questa
eserciti; l'ufficiale  giudiziario  dovra'  limitarsi,  nei  casi  di
mancata  consegna  nelle  ipotesi  ivi  previste,  al  mero  deposito
dell'atto o dovra' predisporre  il  corredo  di  incombenti  previsti
nell'art. 140 del codice di procedura civile (affissione  alla  porta
dell'ufficio ed invio della raccomandata  con  l'avviso  di  avvenuto
deposito; incombenti sui quali e' intervenuta, proprio in  favor  del
notificato ed  a  garanzia  dell'effettivita'  della  conoscenza,  la
sentenza della Consulta n. 3/2010)? In questo caso, tuttavia, si puo'
forse ipotizzare la possibilita' di una interpretazione  della  norma
costituzionalmente orientata, e dunque  ritenere  che,  col  richiamo
alla notifica «di persona», la norma voglia operare un richiamo anche
agli incombenti di cui all'art. 140 del codice di  procedura  civile.
E' vero che cio' sembra togliere senso alla innovazione dell'art.  15
l.f., in specie nella parte in cui dispone che alla notifica basta il
deposito presso la casa comunale; tuttavia occorre considerare che la
disposizione, che si pone certamente come speciale rispetto a  quelle
delle notifiche  ordinarie  previste  dal  codice,  contiene  in  se'
entrambi i riferimenti (uno testuale ed uno col metodo  del  rinvio),
si' che  essi  si  pongono  sullo  stesso  piano  di  validita',  non
risultando  in  posizione  di  reciproca  deroga.  All'interprete  e'
percio' possibile ritenere, anche al fine di  dirimere  il  possibile
contrasto tra il rinvio all'art. 140 del codice di procedura civile e
la dichiarata  sufficienza  del  deposito,  che  la  interpretazione,
consentita dal testo e dal  sistema  dei  principi  sulle  notifiche,
possa essere quella gia' segnata dalle sentenza  della  Consulta  (si
ribadisce, sempre  con  riguardo  ai  soli  incombenti  a  garanzia),
individuando cosi' il «deposito» testualmente previsto come una parte
del piu' ampio procedimento previsto col richiamo indiretto  (tramite
l'art. 107 del decreto del Presidente della  Repubblica  n.  1229/59)
all'art. 140 del codice di procedura civile. Non si puo'  negare  che
il  problema  esista  anche  con  riferimento  alla  deroga  operante
rispetto ai luoghi di notifica, poiche'  qui  il  testo  della  legge
preclude  qualsiasi  diversa  interpretazione,  richiamando  si'   le
modalita' dell'art. 107 del decreto del Presidente  della  Repubblica
n. 1229/59 ma limitandone l'espletamento solo presso la sede  sociale
risultante dal registro delle imprese. Se tale luogo, in presenza  di
una crisi dell'impresa, puo' risultare chiuso (come sovente capita di
verificare nei procedimenti che sopraggiungono all'esame  di'  questa
Corte), tuttavia un temperamento e' dato dalla sequela degli  atti  -
affissione, deposito ed invio  della  raccomandata  -  sebbene  resti
l'interrogativo sul perche' una simile  modalita'  non  possa  e  non
debba esplicarsi anche in altri luoghi, fatto che ex  se  non  sembra
comportare particolari aggravi. Il richiamo  alla  sede  dell'impresa
non rende applicabile (o almeno non  sembra  che  renda  applicabile)
agli imprenditori individuali la modalita' di cui  all'art.  143  del
codice di procedura civile, posto che vi e' un luogo conosciuto ed ex
lege deputato alla notifica  (fatto  che  esclude  i  presupposti  di
operativita'  della  notifica  agli  irreperibili)  presso  il  quale
operare, in ipotesi, la notifica ex art 140 del codice  di  procedura
civile. 
    Nessuno spiraglio  interpretativo  e'  invece  possibile  per  le
disposizioni dell'art. 15  l.f.  che  riguardano  le  notifiche  alla
impresa esercitata in forma collettiva e per le quali, invece, e'  da
escludere  che  il  richiamo  coinvolga  l'art.  140  del  codice  di
procedura civile.  Sono  in  proposito  principi  consolidati  quelli
secondo cui: - a tenore dell'art. 145 del codice di procedura civile,
la notifica alle societa' si  considera  adempiuta  con  la  consegna
dell'atto alla stessa presso la sede legale o, «in mancanza», con  la
consegna alla persona  fisica  che  la  rappresenta,  sempre  che  il
nominativo, la qualita' e  la  residenza  di  questa  siano  indicati
nell'atto stesso; - «e' valida la notifica di un atto ad una  persona
giuridica presso la sede a mezzo del servizio postale, non  essendovi
alcuna previsione di legge ostativa  ai  riguardo,  purche'  mediante
consegna a persone abilitate a ricevere il piego, mentre, in  assenza
di  tali  persone,  deve  escludersi  la  possibilita'  del  deposito
dell'atto e dei conseguenti avvisi presso l'ufficio  postale,  l'art.
145 del codice di procedura civile, infatti, non consente la notifica
alle societa' con le modalita' previste dagli articoli 140 e 143  del
codice di procedura civile, e, quindi, con gli avvisi di deposito  di
cui all'art. 8, legge 20 novembre 1982,  n.  890,  che  costituiscono
modalita' equivalenti alla notificazione ex art. 140  del  codice  di
procedura civile, essendo questa riservata esclusivamente  al  legale
rappresentante» (Cassazione civile, sez. VI, 13  settembre  2011,  n.
18762; conformi, tra le altre, Cassazione Civ.  21  aprile  2009,  n.
9447 e 7 giugno 2012, n. 9237). Nel caso, invece, si ammette  che  la
notifica avvenga anche in assenza di  consegna  dell'atto  e  che  si
compia col solo deposito presso la casa comunale, ossia con forme che
ricalcano quelle dell'art. 140 del codice di procedura civile epurato
di tutte le garanzie poste ai  fini  della  conoscenza/conoscibilita'
dell'atto. 
    La  duplice  previsione  derogatoria  -  della  esecuzione  della
notifica di persona presso la sede e del suo perfezionamento,  quando
tale modalita' non sia fruttuosa, solo col deposito  dell'atto  -  si
risolve in una deroga alla diposizione di cui all'art. 145 del codice
di procedura civile, introducendo una disparita' di  trattamento  tra
le notifiche «ordinarie» e quelle del processo  fallimentare  che,  a
parere del collegio, non appare ne' ragionevole ne' motivata, a  cio'
non bastando l'urgenza cui la procedura e'  improntata,  e  che  gia'
giustifica sia la drastica riduzione di  termini  a  difesa,  sia  la
disposizione di cui al 5° comma dell'art. 15  l.f.  (in  forza  della
quale, in presenza di particolari ragioni di urgenza,  il  presidente
del Tribunale puo' disporre che decreto e ricorso vengano  portati  a
conoscenza  delle  parti  «con  ogni  mezzo  idoneo»,  «omessa   ogni
formalita' non indispensabile alla conoscibilita' degli stessi»).  E'
peraltro  una  disparita'  di  trattamento  che   va   in   direzione
esattamente opposta a quella sancita da ripetuti  insegnamenti  della
Consulta, intesi a rafforzare le  garanzie  sulla  instaurazione  del
contraddittorio e sul conseguente diritto di difesa della  parte;  il
mero deposito dell'atto presso la casa comunale  non  costituisce  un
mezzo idoneo  a  rendere  conoscibile  l'atto  al  suo  destinatario,
mancando  qualsiasi  altra  cautela  diretta  a  rendere  edotto   il
notificato, cautela peraltro gia' ampiamente prevista e codificata in
altri, e non differenti, casi. 
    Nel  caso  degli  imprenditori  collettivi  -   per   il   quale,
all'interno dell'art. 15 l.f, il richiamo all'art. 140 del codice  di
procedura civile non  e'  previsto,  ne'  e'  ipotizzabile  in  forza
dell'ambito applicativo di tale norma, come offerta anche dal giudice
di legittimita' - non puo' pertanto operarsi  alcuna  interpretazione
costituzionalmente orientata, attesa la portata speciale della norma,
in  forza  della  quale  la  notifica   dell'istanza   diretta   alla
dichiarazione di fallimento e' validamente eseguita, quando presso la
sede non possa effettuarsene la consegna, solo col deposito dell'atto
presso la casa comunale, senza che possa farsi luogo ad  applicazione
analogica  degli  incombenti  di  cui  all'art.  140  del  codice  di
procedura civile, inapplicabile alla notifica alle societa'. Una tale
interpretazione,  totalmente  additiva,   e'   preclusa   sia   dalla
specialita' del procedimento che dal testo della disposizione, ed  e'
comunque contraria a tutti i  principi  sopra  richiamati,  che  gia'
hanno ritenuto inapplicabile alle persone giuridiche il  procedimento
notificatorio  dell'art.  140  del  codice   di   procedura   civile,
testualmente negato dall'art. 145  del  codice  di  procedura  civile
proprio perche' inidoneo al  suo  scopo  nei  confronti  di  soggetti
diversi dalle persone fisiche. 
    V'e'  da  dire  che  il  problema  non   resta   superato   dalla
possibilita' di  eseguire  la  notifica  anche  nei  confronti  della
persona  fisica  legale   rappresentante.   Anche   tralasciando   di
considerare  i  dubbi  sulla   possibilita'   di   un'interpretazione
costituzionalmente orientata (su cui  il  lume  della  Corte  sarebbe
indispensabile proprio per evitare le  diversita'  di'  pronunce  che
gia' si registrano) con riguardo  all'applicabilita'  delle  relative
norme del codice di procedura, va detto che intanto  il  luogo  della
notifica e' solo la sede dell'impresa -  ossia  un  luogo  reso  gia'
problematico proprio dalla crisi della stessa e  comunque  lo  stesso
luogo nel quale gia' non e  andata  a  buon  fine  la  notifica  alla
societa' - e, in secondo luogo, che  la  norma  non  prevede  affatto
(come invece fa  l'art.  145  del  codice  di  procedura  civile)  la
necessita' della notifica alla persona fisica in  difetto  di  quella
alla societa',  poiche'  questa  e  invece  ritualmente  attuata  dal
deposito presso la casa comunale. 
    In altre parole, la regolarita'  del  procedimento  notificatorio
alla societa' resta consumata dal solo deposito dell'atto  presso  la
casa comunale, senza alcuna necessita' di dare  conto  e  notizia  di
tale incombente, e cio' esclude che debba  procedersi  alla  notifica
alla persona fisica  del  legale  rappresentante.  Per  contro,  come
detto, l'art. 145 del codice di procedura civile nega validita'  alla
notifica che non sia stata  consegnata  nella  sede  della  societa',
imponendo, nel caso di impossibilita' (che equivale a mancanza  della
notifica), la notifica alla persona fisica legale rappresentante, cui
si lega tutto il corredo della  garanzie  di  cui  all'art.  140  del
codice di procedura civile (e della sua forma  omologa  nel  caso  di
notifica postale), nel caso  di  specie  del  tutto  mancanti  e  non
sostituite da  modalita'  che  rispondano  all'esigenza  di'  rendere
quanto meno conoscibile l'atto. 
    Nemmeno puo' dirsi, almeno a parere di questo  collegio,  che  il
procedimento di cui all'art. 15 l.f.  legittimamente  introduca,  con
riferimento alle imprese persone giuridiche, una forma di notifica ad
irreperibile, ossia una forma analoga  a  quella  dell'art.  143  del
codice civile,  cui  farebbe  pensare  la  sufficienza  del  deposito
dell'atto.  La  ratio  di  tale  norma  e'   quella   di   consentire
l'avveramento della notifica nel caso  in  cui  non  si  disponga  di
notizie su persone e luoghi utili al fine; in questo caso, invece, si
omette di considerare che intanto il luogo  e'  conosciuto  (la  sede
dell'impresa), sicche' del tutto irragionevole  torna  a  presentarsi
una modalita' che: 
        a. non e' conferente rispetto alla situazione cui si  applica
(nell'art. 143 del  codice  di  procedura  civile  il  mero  deposito
dell'atto e' motivato dall'inesistenza  di  luoghi  e/o  persone  cui
rimettere il relativo avviso); 
        b.  si  limita  alla  sola  sede  dell'impresa  nel  contempo
escludendo sia l'ultimo comma dell'art. 145 del codice  di  procedura
civile, sia la sequela di attivita' previste dall'art. 140 del codice
di procedura civile. 
    Anche in tal caso, dunque, torna ad evidenziarsi, almeno a parere
di questa Corte, il duplice profilo della irragionevole disparita' di
trattamento e della lesione ai diritto di difesa, connessa al  vulnus
del   contraddittorio   derivante   da   modalita'   inidonee    alla
conoscibilita' dell'atto. 
    Cio' da' conto della non manifesta infondatezza della  questione,
per la ritenuta contrarieta' della  norma  ai  principi  posti  negli
articoli 3 e 24 della Costituzione. 
    La  questione  che  va  sottoposta  alla  Corte  appare   inoltre
rilevante ai fini della  decisione;  e'  evidente  che  nel  caso  di
accoglimento    della    prospettata    contrarieta'    alle    norme
costituzionali, il procedimento dovrebbe essere restituito  al  primo
giudice o deciso con l'annullamento  tout  court  della  sentenza  (a
seconda che l'ipotesi si prospetti come nullita', o, come sembra piu'
plausibile, come inesistenza della  notificazione),  mentre  in  caso
diverso  dovrebbe  essere  ritenuto   correttamente   instaurato   il
contraddittorio, con conseguente esame del merito del reclamo.